La storia evolutiva del sorriso umano è sorprendentemente legata a comportamenti più aggressivi nei nostri cugini evolutivi, i primati. Nei primati non umani, mostrare i denti, in particolare i canini, può essere un segnale di aggressività o di sottomissione.
Janice Porteous, professoressa di filosofia alla Vancouver Island University in Canada, che si occupa dello studio dell'evoluzione dell'umorismo e della risata, fornisce un'interpretazione interessante su come questo cambiamento sia avvenuto.
Nei primati, la configurazione denti scoperti, orecchie appiattite e muscoli del collo tesi è un segnale di paura e sottomissione, spesso usato in situazioni di minaccia o quando un animale si sente intrappolato. Potremmo pensare anche al gatto o al cane di casa: quando sono impauriti o percepiscono un pericolo, uno mostra i denti, soffiando, l’altro lo fa ringhiando.
Questa espressione, originariamente un segno di paura o aggressività, ora percepibile soprattutto nei felidi e nei canidi, si è evoluta nei primati in un gesto di non ostilità o sottomissione.
Per esempio, nei gruppi di macachi rhesus, i membri subordinati mostrano questa espressione ai membri dominanti come segno di sottomissione, indicando il riconoscimento dello status superiore dell'altro.
Con il tempo, questo gesto si è trasformato ulteriormente. Porteous nota che, tra primati antropomorfi, come gli scimpanzé, l'espressione di denti scoperti si manifesta anche in contesti amichevoli. Dopo essere stati separati per un periodo, questi animali mostrano i denti a vicenda in segno di affetto o appartenenza prima di abbracciarsi.
Quindi, ciò che iniziò come un segno di non ostilità è diventato un'espressione di affetto. Sempre nei grandi primati, si è notata una reazione che potrebbe essere definita di allegria a stimoli come il gioco, accompagnata da vocalizzazioni: qualcosa di molto simile ad una risata.
Nel corso dell'evoluzione, questo comportamento può essersi trasformato nel sorriso umano. Tuttavia, questa teoria non è l'unica spiegazione. Si ipotizza infatti che l’uomo abbia sviluppato il sorriso come facilitazione di alcune interazioni sociali: il sorriso è diventato un segnale non verbale per far capire al nostro interlocutore che non solo siamo innocui, ma siamo ben disposti ad interagire con lui.
Secondo un interessantissimo contributo di Michael S.A. Graziano, professore di psicologia e neuroscienze alla Princeton Univeristy, pubblicato quest’anno su Cambridge University Press online, il sorriso potrebbe essersi evoluto a partire da comportamenti difensivi. Graziano si chiede come mostrare i denti, che è una minaccia evidente, possa essersi evoluto in un segnale di non aggressività e ipotizza che la domanda sia sbagliata, perché esistono due modi di mostrare i denti: uno aggressivo e uno non aggressivo.
Pensiamo a quando ci facciamo male e il dolore improvviso ci fa contrarre i muscoli del viso in una smorfia di sofferenza: in quel caso, socchiudiamo gli occhi e solleviamo il labbro superiore mostrando leggermente i denti. Per fare un altro esempio: se usciamo da una stanza buia all’aperto e ci troviamo in pieno sole, produrremo una reazione riflessiva chiudendo o socchiudendo gli occhi, le guance incurvate verso l’alto, con conseguente sollevamento del labbro superiore ed esposizione dei denti superiori.
Questa esposizione non ha nulla a che fare con la minaccia. Secondo Graziano, l’espressione facciale di un sorriso forte e genuino assomiglia alle componenti difensive della reazione al sole improvviso qui descritta.
L’ evoluzione esatta del sorriso e la sua cronologia tra i grandi primati rimangono incerte, ma è chiaro che il sorriso umano abbia radici profonde nel nostro passato evolutivo e provenga probabilmente da una modificazione nella percezione dei “canini scoperti”, ricollegabile, come detto prima, a contesti di gioco, di eccitazione o di affetto. Oggi, infatti, il sorriso umano ha assunto una vasta gamma di significati.
Alcuni sorrisi sono ancora espressioni di paura o nervosismo, come quando i bambini, rimproverati, sorridono in segno di sottomissione piuttosto che di sfida. Altre volte, sorridiamo per felicità o divertimento. E poi ci sono sorrisi più complessi e sottili, come il sorrisetto, che Porteous sottolinea essere unico nell'umano, data la psicologia complessa che sottende a questa espressione.
Al giorno d’oggi sappiamo che il sorriso è in gran parte controllato dal sistema nervoso centrale e può essere sia una reazione volontaria sia involontaria, di conseguenza può essere rispettivamente di cortesia o genuino.
Il sorriso genuino, noto come sorriso Duchenne, è un'emozionante espressione facciale che porta con sé una storia affascinante. Prende il nome da Guillaume Duchenne, un neurologo francese del XIX secolo che dedicò molto tempo allo studio di questa particolare espressione. Quando sorridiamo in modo genuino, non solo i muscoli attorno alla nostra bocca si muovono, ma anche quelli intorno agli occhi. Questo tipo di sorriso è difficile da imitare perché richiede una contrazione spontanea dei muscoli attorno agli occhi, creando le famose "zampe di gallina". Considerato più autentico e sincero, il sorriso Duchenne è spesso legato a emozioni reali di felicità, gioia o divertimento.
D'altro canto, c'è il sorriso sociale o di cortesia, che gioca un ruolo cruciale nei nostri rapporti quotidiani. A differenza del sorriso Duchenne, questo sorriso coinvolge principalmente i muscoli attorno alla bocca e non quelli attorno agli occhi. È più facile da controllare volontariamente e spesso appare meno naturale. Questo sorriso è comune in contesti sociali formali o superficiali, dove agisce come segno di cortesia o accordo, aiutando a navigare attraverso varie situazioni sociali e a mantenere le buone maniere.
Entrambi questi sorrisi, il genuino e quello sociale, sono strumenti vitali nella nostra comunicazione non verbale. Mentre il sorriso genuino ci aiuta a stabilire legami emotivi profondi e a condividere la nostra vera felicità, il sorriso sociale è essenziale per facilitare le interazioni in contesti più formali o meno intimi, permettendoci di mostrare apertura e cordialità anche quando le nostre vere emozioni possono essere diverse.
In sintesi, il sorriso umano, con la sua varietà di forme e significati, è un affascinante esempio di come un comportamento primitivo possa evolversi in una ricca forma di comunicazione sociale ed emotiva.