La documentazione fotografica in medicina estetica e non solo, riveste un ruolo importantissimo in quella che è la situazione clinica pre e post trattamento ed è fondamentale per la compilazione della cartella clinica, per la documentazione scientifica e per la tutela medico legale del professionista, considerando il potere comunicativo della fotografia che è di immediata comprensione anche per i non addetti ai lavori. L’innovazione tecnologica negli ultimi smartphone ci consente per praticità di catturare immagini di alta qualità a condizione però che la fotocamera dello smartphone sia di almeno 12 megapixel con la stabilizzazione ottica e abbia l’autofocus, la modalità macro e la possibilità di scattare le foto in formato raw.
In verità il formato RAW non è un vero formato come il formato JPEG o PNG. Tradotto dall’inglese significa letteralmente “grezzo “cioè una sequenza di dati non compressi, letti direttamente dal sensore, compresa la data e l’orario dello scatto, che quindi è diverso per ogni produttore e ogni sensore e pertanto non è uno standard del mercato, in pratica è un “negativo digitale“.
La differenza tra il formato JPG e il formato RAW è la stessa che c’è tra un negativo di una fotocamera a pellicola con il rullino e una Polaroid. L’importanza medico legale della fotografia clinica, soprattutto grazie alle immagini in formato RAW, è indiscussa.
Esiste l’evenienza però che il paziente disconosca le immagini digitali prodotte perché potrebbe affermare che siano state alterate digitalmente.
È anche vero che il disconoscimento non puo’ essere generico ma circostanziato, motivato, con l’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà dei fatti e quella prodotta dalla fotografia ( Corte di Cassazione 17/3/2013 n.1033).
È bene quindi che, per la propria tutela legale, in sintesi,le immagini in formato RAW siano sottoscritte dal paziente con firma elettronica riportando data e orario e siano state acquisite con un consenso esplicito sottoscritto dal paziente nel rispetto della normativa europea (Gdpr) e nazionale (D.lgs 196/03) in materia di privacy e tutela dei dati personali. Conviene, per ottenere una documentazione clinica fotografica efficace e di ottima qualità, standardizzare la procedura di acquisizione, quindi:
- Usare sempre la stessa illuminazione.
- Porsi sempre alla stessa distanza, magari utilizzando un nastro adesivo sul pavimento.
- Dotarsi di uno sfondo scuro distante dal soggetto in maniera che non rifletta luci o ombre.
- Preparare il paziente spiegandogli cosa deve fare e come posizionarsi dopo avergli fatto rimuovere trucco e gioielli.
- Utilizzare una griglia sull'immagine per centrare il soggetto da fotografare.
- Effettuare scatti da diverse angolazioni (frontale, laterale dx e sx, 45 gradi, dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto) con il soggetto in piedi o seduto.
- Eseguire uno scatto di prova per verificare l'illuminazione e la messa a fuoco.
- Rivedere le foto per verificare che la documentazione sia corretta.
Standardizzando la metodologia (illuminazione, sfondo, posizione del paziente, consenso e firma digitale) disporremmo di un archivio digitale nel quale ogni immagine pre e post trattamento è contenuta in una cartella per ogni paziente con dati chiari e specifici che ci permetterà una facile consultazione. È preferibile utilizzare per l’archiviazione un disco rigido piuttosto che l’archiviazione in cloud, creandone spesso una copia su altri supporti per il ripristino nel caso in cui i dati originali vengano persi o danneggiati. La maggior parte degli attuali smartphone, come già detto precedentemente, a patto di rispondere alle caratteristiche elencate, sono idonei ad una documentazione clinica fotografica. Sarà sufficiente dotarsi di uno sfondo uniforme, preferibilmente scuro, e di una illuminazione adeguata, ritagliandoci uno spazio dedicato alla documentazione fotografica nei nostri studi per poter creare un archivio clinico fotografico efficiente che ci tuteli.