Sorrisi fossili: una finestra sul passato
Sorrisi fossili: finestra sul passato
I sorrisi fossili rappresentano una vera e propria manna per gli archeologi. Essi offrono uno sguardo dettagliato sulla vita dei nostri antenati, rivelando aspetti cruciali come la loro dieta, gli utensili utilizzati, lo stato di salute generale e persino i periodi di carestia. Ogni dente fossile è una finestra sul passato, poiché ha avuto contatto diretto con le sostanze ingerite e respirate dagli antichi.

Ogni reperto archeologico racconta una storia, ma quando si tratta di entrare a fondo nella vita di chi ci ha preceduto - e scoprire di che cosa si nutrisse, o che tipo di aria inalasse - nulla è più rivelatore dei fossili di denti, entrati a contatto con sostanze ingerite e respirate dagli antichi. Fortunatamente, si tratta anche di una delle parti del corpo umano che si conserva meglio. 
Un esempio notevole è rappresentato dalle carie, che indicano l'abitudine alimentare degli antichi popoli. Nelle società pre-agricole, un'alta incidenza di carie suggerisce un consumo di piante selvatiche ricche di zuccheri. 

Nei Neanderthal, ad esempio, la dieta prevalentemente carnivora comportava meno dell'1% di denti cariati, mentre in altri gruppi umani come l'Homo naledi e l'Homo erectus, le percentuali variavano dall'1,36% al 4,55%. Con l'avvento dell'agricoltura, queste percentuali aumentarono drasticamente, come dimostra il caso di un individuo vissuto in Marocco 14.000 anni fa, il cui oltre 50% dei denti era cariato.

Oggi a erodere lo smalto sono soprattutto gli alimenti e bevande acidi (come i succhi di frutta). Un tempo, invece, le principali cause del consumo dei denti erano da rintracciare in granelli di terra, cibi duri e granulosi, sabbia. Studi sulla microerosione dentale hanno per esempio permesso di concludere che quattro milioni di anni fa, l'Australopithecus afarensis mangiava soprattutto erba e foglie, o che l'Homo naledi utilizzava i denti posteriori per mordere la superficie rugosa di noci e tuberi. I segni lasciati da piccoli strumenti appuntiti simili a stuzzicadenti caratterizzano invece alcuni denti Neanderthal, suggerendo abitudini specifiche di pulizia dentale.

Il tartaro, con le sue tracce di materiale intrappolato nella placca batterica, offre indizi sulle abitudini di pulizia e automedicazione dei nostri antenati. In un dente di Neanderthal, per esempio, sono stati trovati granuli di amido con crepe (un indizio dell'abitudine di arrostire le piante sul fuoco) e tracce di achillea e camomilla, noti per le loro proprietà astringenti e antinfiammatorie. Questo ha fornito informazioni anche sulla dieta dei Neanderthal in varie latitudini, includendo elementi come rinoceronte lanoso, muflone, licheni e funghi.
In un individuo che si ammali o sia malnutrito nei primi anni di vita, lo strato più esterno del dente, lo smalto, rimane danneggiato in modo visibile: questa condizione chiamata ipoplasia, se presente in fossili coevi nello stesso sito, può indicare un'avvenuta carestia. La compromissione di ampie porzioni di smalto indica spesso una grave malattia genetica o un disturbo manifestato a partire dall'infanzia.

Un elemento estremamente importante, il dente, che resiste per migliaia di anni per arrivare fino a noi, dandoci la possibilità di conoscere meglio i nostri antenati.
 

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